In
ogni essere umano è presente un naturale bisogno di musica,
una musicalità interiore. Tutti, quando nascono, hanno
capacità artistiche, soprattutto quella musicale. Già nel
ventre materno gli esseri umani riconoscono la musica. E, a
pochi mesi di età, sono in grado di distinguere ritmi e
successioni di suoni. Tutti
hanno il diritto di sviluppare questa propria creatività e di
crescere insieme a essa. La scuola deve sostenerla ed
educarla, deve rispondere a questo diritto e a questo bisogno
che è coerente con i suoi traguardi formativi. L’esperienza
musicale deve pertanto diventare un patrimonio culturale
e umano condiviso da tutti, perché promuove l’integrazione di
diverse componenti, quella logica, quella percettivo-motoria e
quella affettivo-sociale. Fruire
e fare musica occupano uno spazio considerevole nella vita
di bambini, adolescenti e giovani, mentre il tempo e lo spazio
della pratica musicale nella scuola risultano ancora carenti e
marginali nella organizzazione degli apprendimenti. La pratica
musicale, nei suoi processi di esplorazione, comprensione e
apprendimento, deve invece appartenere a tutti i
percorsi scolastici. Essa mette in moto una feconda
interazione tra i due emisferi del cervello umano che migliora
le capacità di apprendimento e facilita lo svolgimento di
operazioni complesse della mente e del corpo. Praticare
la musica richiede infatti impegno, continuità di
esercizio, insomma sforzo e fatica. Ma il risultato di questo
lavoro dà gioia, emozione, soddisfazione per la propria
crescita.
In
questo cammino la guida non può essere generica. Occorre una
guida esperta, un “Virgilio” che accompagni gli allievi
nell’avventura musicale, fin dalla scuola elementare. Oltre al
maestro, occorre un musicista: un musicistainsegnante che
faccia riconoscere consapevolmente la direzione per
entrare nell’universo dei suoni.